Articolo di Redazione
In tanti hanno ricordato la persona, in molti hanno osannato l’imprenditore e tutti hanno stimato o criticato il politico, ma in qualunque commento apparso in questi giorni sui quotidiani ed in tv veniva fuori il ritratto di un uomo dotato di eccezionali talenti, di una capacità superiore rispetto alla massa. Ma per un mondo abituato ad osservare solo i successi, i numeri e i bilanci, è difficile chiedersi il motivo per cui un 86enne abbia deciso di mettersi in gioco fino all’ultimo, trascurando un fattore che rende un uomo come Silvio uguale a noi.
La Chiesa è l’unica ad avere uno sguardo vero, realistico e ragionevole su ogni uomo, anche su quello apparentemente più sgangherato. E ancora una volta ci ha ricordato la nostra consistenza di uomini: l’Arcivescovo di Milano, Mario Delpini, nella sua breve omelia, è riuscito più di chiunque altro a parlare dell’«uomo» Silvio Berlusconi.
«Silvio Berlusconi è stato certo un uomo politico, è stato certo un uomo d’affari, è stato certo un personaggio alla ribalta della notorietà. Ma in questo momento di congedo e di preghiera, che cosa possiamo dire di Silvio Berlusconi? È stato un uomo: un desiderio di vita, un desiderio di amore, un desiderio di gioia».
La grande saggezza della Chiesa, oggi non ha evidenziato la capacità di quell’uomo nel governare determinate dinamiche politiche ed imprenditoriali, ma ci ha sfacciatamente imposto di fare memoria del perché quell’uomo ha vissuto: per il desiderio di essere felice. Non si spiega la nostra esistenza, il motivo per cui viviamo, ci muoviamo in tutte le circostanze della vita, al lavoro, in famiglia, con gli amici, se non per questa “ossessione” della felicità, di questa ricerca della completa soddisfazione. Non riusciremmo a spiegarci perché un uomo come Silvio Berlusconi decida un giorno costruire imprese, case, mettendo la sua passione politica al servizio degli altri, se non per un desiderio di felicità. Lo sottolineava bene Giovanni Papini, affermando che ogni uomo «è libero solo di diventare ciò che nella sua originaria essenza era già: sete di felicità»
L’accorgersi del nostro desiderio di essere felici, e di che cosa siamo disposti a fare per soddisfare questo «desiderio», rende meno distante la figura di Berlusconi dalla mia vita. Non sembra più tanto un uomo fuori dal comune, anzi forse abbiamo qualcosa in comune. Io e Berlusconi abbiamo lo stesso cuore e abbiamo lo stesso desiderio, «l’Infinito». Il vero dramma è che se la nostra vita non è totalmente determinata da questa ricerca della felicità, considerata come qualcosa di astratto o impercettibile, vuol dire che siamo morti come Uomini e le nostre esequie sono solo rimandate alla completa "cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo".
Possiamo parlare tanto di Silvio Berlusconi e della sua vita, sicuramente non mancheremo di sottolineare gli errori che ha commesso e che in questi anni hanno contribuito a creare anche numerosi stereotipi sulla sua persona, ma non è il nostro obiettivo. Ci interessa evidenziare solo come ogni uomo, che sia un capo di governo o un imprenditore o un povero contadino, si muove per un desiderio felicità. A conferma di quanto detto, chiamiamo in causa lo stesso presidente Berlusconi, che in una delle sue tante interviste rilasciate affermava:
«Per me non c’è felicità ipotizzabile come una tappa che si raggiunge e in cui si può sostare. E credo che, in fondo, questa sia una piacevole condanna. Credo che l’inverso, quello di accontentarsi di ciò che si è, quello di essere soddisfatti della situazione in cui ci si trova, abbia anche alcuni inconvenienti. Spero che questa mia esistenza terrena possa terminare mentre io sono teso a raggiungere un altro traguardo oltre la siepe»
Avere un cuore «teso», cioè desiderare che la nostra esistenza sia appagata. Noi possiamo affermare con coraggio che questa felicità l’abbiamo incontrata in un Volto che ha dato un senso a tutto il nostro essere: Gesù Cristo. Solo Lui è il nostro compimento e siamo eternamente grati alla Chiesa che ce lo ricorda ogni giorno, anche dinanzi ai capi di stato di tutto il mondo, come pronunciato oggi dall’Arcivescovo Delpini: «Ecco che cosa si può dire dell’uomo: un desiderio di gioia, che trova in Dio il suo giudizio e il suo compimento»
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