di Alessandro Frosio (Diario Clandestino)
Riportiamo sulla nostra pagina un articolo comparso sul blog Diario Clandestino a cura di Alessandro Frosio. Riteniamo sia un giudizio che scuote le nostre coscienze provocandoci a non essere mai tranquilli nell'incontro che abbiamo fatto e ci ricorda che la nostra fede non è un aspetto devozionistico della nostra vita da tenere in privato, ma va costantemente testimoniato davanti al mondo, che sia questo la scuola, la famiglia, o il luogo di lavoro. Buona lettura!
«Studenti, abbandonati a sé stessi, che protestano in tenda davanti al Politecnico. Vengono invitati a studiare a Milano, ma non possono farlo: per una stanza, la media è di 650€ mensili. Urge interrogarsi: la proprietà privata, che cos’è? Secondo comma dell’art.42 della Costituzione: “la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi d’acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale.” La proprietà privata, quindi, è tutelata nella misura in cui viene utilizzata per vivere pienamente le relazioni sociali tra individui.
Quel comma fu introdotto dai cattolici, che così fecero passare una verità fondante del Magistero della Chiesa: nulla, di questo mondo, ci appartiene, e la proprietà privata non è un diritto, né tantomeno un male. Ma un dono, da spezzare sulla Mensa affinché tutti ne possano mangiare. Non è una battaglia di sinistra, quella contro il caro-affitti. Ma è una battaglia cattolica, cioè universale.
Ma allora, dove siamo noi studenti cattolici in questo dibattito?
In passato si prendeva posizione su ogni aspetto della vita quotidiana. I libri costavano troppo? In uno scantinato occupato della Cattolica nacque la CUSL, dove li si potevano acquistare a basso costo. Anche allora c’era il problema del caro-affitti, ed è così che nacque La Ringhiera: una cooperativa che permise a diversi studenti di vivere in appartamenti condivisi a prezzi liberi dalla schiavitù del mercato. Le case editrici non si sporcavano le mani con pubblicazioni compromettenti: la paura di prender posizione era diffusa. Ed è così che nacque la Jaca Book : una casa editrice cattolica, che vendeva libri introvabili ad un prezzo irrisorio. C’erano le elezioni universitarie? Nacquero i Cattolici Popolari per proporre un’alternativa a quel mondo di sangue, crudele, carnale, dove la scelta si giocava tra l’indifferenza e la lotta armata. Per l’ingiustizia, si scendeva in piazza. Per la verità, si organizzavano cantate e assemblee, dibattiti e scuole-di-comunità.
L’idea era: entriamo nel mondo, portiamo la nostra Fede ovunque.
In ogni cosa. Poi, certo, non sempre le battaglie sono state vinte: l’aborto e il divorzio sono ancor oggi delle ferite aperte nel costato del nostro tempo. Ma almeno, anche su quei temi così caldi, c’era una chiara presa di posizione degli universitari cattolici. Morto Giussani e caduto Formigoni, è calato il gelo. Finita la voglia, l’entusiasmo, il coraggio. La Fede. E così si sta abbandonando tutto, lentamente, smontando l’impegno d’una storia nata per mostrare, ad un mondo diviso e corrotto, che c’è un modo più affascinante di vivere, di trattarsi, di amarsi. Siamo una zattera alla deriva, che oggi leva una flebile voce sul caro-affitti e domani si chiederà: che-senso-ha-ancora-la-CUSL? Poi ci accorgeremo che La Ringhiera è in perdita, e liquideremo quell’esperienza di vivere-insieme. Poi diremo: ma con tutti questi scandali, ha senso continuare ad impegnarsi nella rappresentanza?
Continueremo col chiederci: a che serve il CMC? Perché seguitare a pubblicare Tracce e Tempi? Siamo troppo divisivi, e gli sponsor non ci vogliono più: perché, allora, continuare con il Meeting di Rimini? Ed esperienze educative come il Sacro Cuore, La Traccia, Alexis? Veramente sono così necessarie? Per non parlare della Compagnia delle Opere: con tutta la polvere che s’è tirata addosso, meglio mandarla in pensione. A quel punto – tolto un impegno di qua, tolto un impegno di là – faremo la fine della FUCI: associazione con un glorioso passato alle spalle, che a causa del disimpegno sta pian piano scomparendo. E dove oggi si parla di rischio educativo, domani, si parlerà di rischio estinzione. Non tutto, però, è perduto. C’è sempre tempo per convertirsi.
Il lavoro, innanzitutto, lo dobbiamo fare su di noi: il cristiano ha bisogno, in continuazione, di darsi le ragioni. Non è un gioco, l’appartenenza alla Chiesa, ma un sì forte, radicale, che converte senza ammettere scusanti: o la Fede coinvolge tutta la persona, o non la coinvolge affatto.
Vita e Fede non sono due realtà da tenere distinte: la tua Vita è testimonianza della tua Fede, e la tua Fede è strada per la tua vita. E poi, bisogna uscire da sé stessi: seguire, camminare, incontrare. Far assaggiare al pagano l’amore di Gesù Cristo, attraverso il sale della nostra compagnia. Lasciamoci fare da Lui: andiamo a dire allo studente più solo, “guarda-che-non-sei-più-solo.” Camminiamo con i nostri coetanei, che si sentono di troppo, per dirgli che “c’è-un-posto-anche-per-te.” Incontriamoli, questi fratelli senza fede, per testimoniargli che sono dono, che la loro vita è un dono. Che non sono qui per uno scherzo del caso. Che sono, anche loro, una grazia attraverso cui la vittoria del Risorto s’incarna nella storia. Solo partendo da una conversione, possiamo tornare ad essere una Presenza.
Ma si può vivere così?
Non abbiamo risposto. Forse perché siamo degl’ipocriti, forse perché ci piace lanciare il sasso e nascondere la mano. O forse perché, in fondo, questa domanda è anche la nostra domanda, troppo grande per essere ridotta ad un articolo. E perché, le risposte più grandi, non le si possono mai dare da soli: c’è bisogno di tutti, c’è bisogno della Chiesa. Per la liberazione, ci vuole la comunione.
Si può vivere, veramente, così? Convertiamoci. E poi, rispondiamo.
Alessandro Frosio»
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