Se la Pasqua è vera va già tutto bene
- Aficionados
- 19 apr 2020
- Tempo di lettura: 6 min
Articolo di Paolo Maurina
Tutti viviamo come se fossimo sott'acqua, con il respiro perennemente trattenuto nell'attesa di poter riemergere e tornare a respirare la normalità, ma: si può vivere così?

“Andrà tutto bene” si sente ripetere e si legge spesso da circa un mese, molti l’hanno detto, ma nessuno ha mai mostrato, spiegato, parlato di cosa sia questo bene, anzi, stando a ciò che si sente in TV e su internet sembra di capire che il bene in cui la società di oggi spera sia il ritorno a quella situazione di ieri che di certo non era il paradiso in terra. Infatti, l’unica ipotesi per dare un volto a questo bene che è sulla bocca di molti è nell’accostare “andrà tutto bene” ad un'altra espressione che riecheggia spesso: “ritorno alla normalità”; altra possibilità per capire cosa sia questo bene ad oggi non sembra esserci. E qui a una persona attenta sorgono tante domande: cos’è questo bene? Ci è sufficiente sperare di tornare alla situazione precedente al coronavirus per vivere bene e fino in fondo la nostra vita? La situazione degli scorsi mesi era così buona, priva della sofferenza e della morte che tanto ci attanagliano e ci fanno paura in questi giorni? Qual è la vera questione della vita? Forse poter andare in giro liberamente senza mascherine e senza pericolo di contagiarsi? E se poi andrà tutto bene, come la mettiamo ora? Quello che succede ora è senza speranza? Il dolore e la morte di molti ora sono senza speranza? E poi qual è la via affinché le cose vadano al bene? C’è bisogno del nostro lavoro, di quello di alcuni o ci vanno da sole ed è solo questione di tempo? La natura che negli ultimi tempi è stata esaltata a madre tanto buona e che noi abbiamo oltraggiato, dopo averci castigato con questa epidemia, tornerà ad essere benevola?
Non sono domande filosofiche, per intellettuali, sono le domande che ognuno dovrebbe porsi e sulle cui risposte potrebbe fondare la speranza da tanti sostenuta che tutto andrà bene. Questo è il vero nocciolo della questione: “andrà tutto bene” non è la speranza di molti, forse è ottimismo, certamente nei più è un’autosuggestione per alleviare il male presente con l’immagine indefinita di un bene altrettanto indefinito, indefinito come oggetto, indefinito come strada per raggiungerlo e indefinito nello spazio e nel tempo, un bene che non si incarna in nessuna situazione. Un bene che non esiste! È invece un vuoto, un vuoto enorme, abissale, usato per coprire, per mettere a tacere. È il niente usato per silenziare. Un’arma inconsistente per coprire, per silenziare, per non guardare. Un nulla per non guardare in faccia la vita, un nulla per non guardare in faccia la vita che urge e la morte fisica che ci opprime ora più che in altri tempi. Perché per poter guardare in faccia la morte bisogna guardare saper guardare in faccia la vita e per guardare in faccia la vita bisogna saper guardare in faccia la morte, e, guardando in faccia la morte, la vita diventa vita, la vita urge.
La vita urge, o meglio, la vita sfugge, è questa la scoperta di molti nell’ultimo mese. La vita sfugge e noi vogliamo la vita, ne siamo misteriosamente attaccati, quanto più ci sfugge tanto più ce ne scopriamo attaccati. C’è bisogno che la vita abbia consistenza, concretezza, che abbia un significato e un senso, c’è bisogno che la vita abbia uno scopo e che quello scopo abbia a che fare col presente, o meglio, che il presente abbia intimamente, profondamente a che fare con lo scopo. “Andrà tutto bene” ci mostra questa tensione, questa inesorabile tensione dell’uomo, di ogni uomo, di ogni uomo in ogni epoca e luogo a che la vita abbia uno scopo, a che in fondo l’ultima parola sulla vita sia un bene e non la morte.
Questo “bene”, però, per molti è vago, forse c’è dietro un indefinito presentimento che la vita al fondo sia ordinata e buona, ma se ci si ferma qui resta un vuoto con cui coprire un abisso, non un abisso qualunque ma l’abisso della nostra morte, cioè l’abisso della nostra vita. In secoli e secoli di storia l’uomo non è mai riuscito a scoprire questo bene, a scoprire lo scopo; c’è stato qualcuno che magari più di altri vi si è avvicinato, ma mai che ci sia arrivato. È stato invece il contrario, e la Chiesa per grazia divina non smetterà mai di ricordarcelo, è stato il bene, il sommo Bene, ad arrivare a noi, è Lui che si è incarnato per trarci a sé. Storicamente per opera dello Spirito Santo in Maria si è incarnato, a Nazareth ha vissuto, per le regioni di Israele e in terra pagana ha predicato, si è fatto conoscere, ha fatto conoscere il Bene, perché Lui era il bene, l’Amore era il Bene, l’Amore Suo e del Padre. Quest’Amore sconfinato ha predicato, ma ancor di più ha insegnato e mostrato coi Suoi gesti, con la Sua stessa vita. Ci ha insegnato la strada, ci ha mostrato la strada mostrandoci se stesso in tutta la Sua vita, mostrandoci se stesso nel mistero della Sua Passione e Morte.
“Io sono la via, la verità e la vita”: così più volte ha detto ai suoi, che magari all’inizio non capivano, come noi non capiamo tutto, ma che poi, pian piano, stando con Lui, compresero sempre più, finché dopo che tutto fu compiuto lo Spirito gli fece comprendere la profondità di ogni parola. Lui che è morto ignominiosamente è vita perché poi è risorto. Lui è via perché ci ha mostrato la via e perché la nostra via è unirci a Lui. Lui è verità perché la sua testimonianza è verace; chi può essere più vero di Lui che ha sconfitto la morte?
Ecco quindi che il Mistero della Passione, Morte e Resurrezione di Gesù che abbiamo da poco celebrato getta una possibilità di rispondere alle domande iniziali, dona, nella sua crudezza e nel suo dolore una luce, a volte fioca – ma non importa –, una luce inestinguibile – ed è questo quello che conta –, una luce non umana, la luce del vero bene, la luce della vera vita, la luce della vera vittoria. La luce della vera speranza qui ed ora! Il bene non è più una situazione contingente da raggiungere e in cui sentirsi “sistemati”, ma è un amore che sempre più incalza ad amare donandosi totalmente. Madre Teresa di Calcutta diceva che per provare la vera gioia bisogna dare finché non fa male.
La speranza, quindi, non è più riposta in un qualcosa da raggiungere, nella creazione di una società perfetta senza dolore e senza morte, ma è riposta nel Padre che dona la vita vera ad ogni cosa, che trasfigura la sofferenza per farla diventare dono d’amore e di salvezza per noi e per il mondo intero. La speranza è riposta nel Padre che cambia volto alla morte, non è più questa il fine vuoto di ogni cosa, ma la porta, la porta dolorosa e gloriosa per entrare nella vita senza fine, per poter godere in eterno del sommo Bene. La speranza è presente, non solo perché si spera nel presente un bene futuro: la salvezza, la vita eterna; ma anche – e questa è la grande novità, la vera novità – perché l’oggetto della speranza è presente, l’azione di Dio, il suo Amore, la sua opera salvifica si fa presente nelle azioni e nella vita di chi spera in Lui.
La via percorsa da Gesù passa per il tradimento, per un venerdì di morte, per un sabato di silenzio e solitudine, è una via piena di dolore, ma è allo stesso tempo, proprio dentro quel dolore, proprio per quel dolore una via che porta frutto, il frutto migliore che si possa immaginare e sperare: la salvezza. Questo ci insegna il Mistero della Passione, Morte e Resurrezione di Nostro Signore, in questo ci sostiene la Madonna che nel dolore sconfinato che ha provato sotto la Croce e in quel tempo di assenza del suo Gesù non ha smesso di pregare e di sperare in Lui perché certa che Lui sarebbe risorto e che quanto era successo era la strada per la Salvezza del mondo.
“Tutto va bene” dovremmo gridare, perché nella fede di chi crede nel Signore tutto è per il destino. “Tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio” dice San Paolo. Tutto va bene! Non: “andrà”, ma: “va”, questa è follia per il mondo ma è la certezza che nasce dalla Croce. Non travisate, non è l’elogio del male o della sofferenza, non è dire che il male non è più male, ma è la consapevolezza che male e sofferenza non sono l’ultima parola ne in eterno ne ora, ma solo la strada attraverso cui passa la nostra salvezza. Ora, in questa situazione, in questo dolore chi spera nel Signore può gridare “tutto va bene”, “tutto va verso il Bene”, cioè “tutto è per il Bene”, ogni fatto vissuto nell’Amore di Dio va verso il nostro destino, è per il nostro destino e noi andiamo a Lui. Questo dovremmo gridare dai tetti delle nostre case!!!
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