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DIO NON TURBA MAI LA GIOIA DEI SUOI FIGLI - TESTIMONIANZA DI UNA MOGLIE | AFICIONADOS

A cura di Redazione

Ramo di mandorlo fiorito. Vincent Van Gogh, olio su tela, 1890. Il quadro nella sua semplicità di rappresentazione è simbolo di speranza e rinascita da cui affiora un nuovo modo di vedere le cose e la realtà e in questo caso anche la morte.

Riceviamo e pubblichiamo la testimonianza di una nostra amica nella fede, che come molte famiglie in questo triste anno, ha subito la devastante perdita di suo marito a causa del Covid19. Lei per noi è la prova vivente di come il buon Dio si serva anche del dolore e della sofferenza per “scommettere” su di noi e tirarci a Sé, per farci riscoprire un Amore più grande. E soprattutto che il sacrificio non è perdere, ma è, come sottoscrive alla fine, «principio della vita vera». Sempre grati al buon Dio per averci donato amici come lei, che continuamente ci stupiscono e ci ricordano dov’è il Senso della vita.


25 marzo 2020, giorno dell’Annunciazione del Signore. Avevo appena finito di recitare distrattamente un Rosario quando arrivò sul cellulare una chiamata dall’ospedale: poche fredde sbrigative parole mettevano fine alla speranza di poter rivedere mio marito, di poterlo riportare a casa sano e salvo dopo aver combattuto una terribile guerra. Una guerra inaspettata ed imprevedibile contro un nemico vigliacco... vigliacco perché invisibile, subdolo che ha colpito alle spalle e che non ha guardato in faccia a nessuno. Il coronavirus è un mostro che si è portato via la parte migliore di questo mondo e si è portato via il mio amore, il mio universo, la persona più importante della mia vita. Mio marito, come tutti quelli che sono morti a causa del covid-19, è morto solo, nudo, chiuso velocemente in un sacco, come fosse un rifiuto tossico, contaminato e contaminante, portato di fretta in un obitorio che cominciava a riempirsi di morti anonimi. Quando arrivò quella terribile telefonata mi sentii cadere il mondo intero addosso, provai un senso di solitudine non solo materiale, perché ormai da giorni ero completamente sola chiusa nella nostra casa, ma anche e soprattutto una solitudine del cuore e dell’anima…In un attimo mi sono sentita devastata ed annientata da un dolore mai provato prima. Per giorni il dolore mi ha paralizzato, mi ha impedito di piangere, di sfogare la mia rabbia contro tutto e tutti, contro il mondo intero, contro Dio e contro me stessa!! Per giorni solo sensi di colpa: Io che lo amavo più della mia stessa vita non ero riuscita a salvarlo.

Ho sperato di morire anch’io, di poterlo raggiungere, perché la mia vita da quel momento in poi non avrebbe avuto più alcun senso. Mio marito era tutto per me. Tutta la mia vita ruotava attorno a lui. Era il mio “dio” sulla terra e non avevo bisogno di altro. Ho cominciato a sopravvivere perché quella cosa chiamata vita andava avanti anche contro la mia volontà… e andava bene così… la semplice sopravvivenza bastava per tirare avanti e finire le mie giornate vuote e spente.

Durante i lunghi giorni della rianimazione avevo pregato tanto, più di quanto avessi mai fatto in vita mia, avevo chiesto tante grazie…e di fronte ai limiti della medicina e della scienza ero convinta che Qualcun Altro l’avrebbe salvato, ero certa che Chi ci ama profondamente avrebbe preservato il nostro amore, avrebbe accolto le mie preghiere di farci invecchiare insieme. Il sacrificio del suo anziano padre, colpito dallo stesso destino pochi giorni prima, sarebbe servito a salvare suo figlio. Ero convinta che questa terribile esperienza avrebbe reso migliori entrambi e una volta tornato lui a casa avremmo potuto iniziare un nuovo cammino di fede insieme…

Non so per quanto tempo ho provato delusione nei confronti di un Dio che non aveva ascoltato le mie preghiere, non ricordo nemmeno se questa delusione l’ho provata veramente…C’era già qualcosa che lavorava instancabilmente ed incessantemente dentro di me. All’inizio non ci feci caso, poi cominciai ad intravedere uno spiraglio, un piccolo pertugio dal quale filtrava una luce che prepotentemente si faceva strada… Solo molto tempo dopo capii che quella che era entrata nel mio cuore poteva essere la grazia di Dio. Ed iniziai il mio nuovo percorso di fede…

Dopo molti mesi, andando a ritroso nei ricordi dei giorni successivi alla morte di mio marito, mi resi conto che l’Amore di Dio nei miei confronti cominciò a manifestarsi subito attraverso persone concrete, esseri in carne ed ossa che, spinti dal loro affetto per me e per mio marito, hanno cominciato a supportarmi e hanno cercato di alleviare il mio stato di dolore.

Due donne, due cugine, a me molto vicine, si spendevano giornalmente per farmi capire che con la morte del mio amato non era andato perduto niente, che dovevo guardare a ciò che mi era stato donato per 28 anni e non a quello che mi era stato tolto.

E poi quel messaggio vocale arrivato sul cellulare di mio marito il giorno dopo la sua morte… Non so nemmeno io perché presi il suo cellulare e perché ascoltai quel messaggio che partiva dalla vicenda di mio marito, ma non era certamente rivolto a me. Eppure lo ascoltai, sembrava non finisse mai e forse avrei voluto che non finisse mai perché, anche se devastata com’ero non compresi subito bene tutto quello che stavo ascoltando, mi rimase la sensazione che in quel lungo messaggio vocale ci fosse la chiave per dare un significato diverso alla morte di mio marito, qualcosa che andava oltre la sua morte fisica. Proprio quel messaggio insieme ad altri piccoli e grandi segnali ha contribuito ad aprire una breccia nel mio cuore, dandomi la possibilità di non precipitare nel vuoto ma di sperare in una rinascita. L’autore di quel messaggio è diventato per me importante guida spirituale nel mio nuovo e complicato cammino di fede.

Nei tanti momenti di sconforto e di disperazione ripenso ancora oggi alle parole dette da chi in quel momento aveva e ha tuttora il compito di indicarmi la giusta via… «…e se volesse dirti altro?...qualcosa che nemmeno ti immagini?»

A volte penso che tutte queste circostanze, tutti questi eventi, tutte queste persone mi siano state messe davanti da Chi è capace di un Amore immenso per aiutarmi a sopportare l’insopportabile, per dimostrarmi che il sacrificio al quale ero stata chiamata, che il sì che ero stata costretta a dire non erano fine a se stessi ma possibilità di rinascita. Ha cominciato a farsi strada in me la speranza che dietro il mio sacrificio, ma ancor di più dietro il sacrificio di mio marito, ci potesse essere qualcosa di grande, qualcosa di inimmaginabile e che quella grandezza io l’avrei scoperta giorno dopo giorno in tutte le cose della vita, nella semplice quotidianità.

Le mie giornate, già subito dopo la morte di mio marito, furono scandite da numerosi incontri, ovviamente solo telefonici.

Molti di questi incontri furono davvero impensabili, non assolutamente scontati e qualcuno addirittura inimmaginabile. Ho riscoperto vecchie amicizie, di quelle belle nate in tenera età. Ho conosciuto nuovi amici, alcuni giovanissimi e mi sono sorpresa di quanta umanità e di quanto amore ci possa essere dietro ad un incontro solo apparentemente casuale. Perché quello che ho capito in questi lunghi mesi è che niente succede per caso. Mi sono sentita al centro di un universo, mi sono sentita amata e quell’amore disinteressato, per me e per mio marito, mi ha dato la forza di reagire e di riemergere dalle macerie di quella stessa tragedia. Anzi, ho cominciato a capire che proprio in quel dolore, in quella assurda sofferenza poteva essere racchiuso il senso di tutto.

Ha cominciato a farsi strada dentro di me la speranza, a volte quasi una certezza, che prima o poi si sarebbe rivelato tutto il senso di quella sofferenza, di quel dolore. Ho cominciato a chiedere…a pormi e a porre tante domande. Perché se uno è in cerca di risposte non può prescindere dal fare domande.

Mi sono messa in cammino su una strada spesso accidentata e piena di inciampi ed insidie. A volte mi sono lasciata trasportare dai fiumi, altre volte ho dovuto scalare montagne. Così a volte mi sono lasciata travolgere dalle circostanze e dagli eventi, in maniera passiva, ho lasciato che fosse Qualcun Altro a decidere per me, fidandomi ed affidandomi completamente a Lui… Altre volte, invece, ho agito attivamente…ho cercato, sapendo benissimo quello di cui avevo bisogno: la condivisione di un dolore insopportabile.

Mi sono messa in cerca di altre donne, cuori feriti, anime sconvolte e sofferenti come me, con la certezza che in un qualsiasi angolo di questo Paese ci fosse qualcuna che provava le mie stesse sensazioni. Ho avuto un esasperato bisogno anche di loro, di chi poteva capirmi, di chi poteva aiutarmi a portare quella pesante croce. Le ho trovate…ne ho trovate tante. E con alcune di loro siamo non più soltanto semplicemente compagne di viaggio, ma amiche, grandi amiche, sorelle!!! Un rapporto di vera sorellanza che sfida ogni giorno il tempo e lo spazio, l’età e la personalità di ognuna di noi, che dalla condivisione di un assurdo dolore è diventato il centro di un amore, sincero e disinteressato che a volte mi spaventa. La cosa che più mi ha colpito di questa “strana” ed insolita amicizia è che nonostante l’appartenenza a credi diversi, religiosi o meno, nonostante molte non credano in Dio, nonostante alcune non credano proprio in niente, siamo tutte convinte che quello che ci ha spinto a cercarci ed ad unirci sia stato qualcosa di estremamente grande, che abbia agito per il nostro bene e per la salvezza dei nostri cuori. Da questa esperienza ho cominciato a capire cos’è il valore di una croce, di quella croce che portata insieme meglio fa comprendere la stessa vita e il suo spesso incomprensibile senso. Anche grazie a loro ho compreso che nel dolore più atroce, ingiustificato ed inaspettato si nasconde qualcosa di misterioso e di grande.

Il mio non è stato un cammino semplice, né mai lo sarà. Ancora adesso ho la sensazione di vivere sospesa, attaccata ad un filo sottilissimo. La recente scomparsa di mio padre mi ha dimostrato ancora una volta la caducità di questa vita, ha aggiunto dolore ad altro dolore, mi ha tolto anche quel piccolo scopo giornaliero che trovavo nell’occuparmi di lui e di tutto ciò di cui aveva bisogno. Col tempo ho cominciato a capire che ad un dolore tanto grande ed insopportabile corrisponde un altrettanto grande ed inimmaginabile bene, se non fosse così, la stessa vita non avrebbe alcun senso e non avrebbe senso viverla ogni giorno. In ogni circostanza della vita, bella o brutta che sia, siamo chiamati a riconoscere un segno della Sua Presenza. Ho sperimentato nell’ultimo anno che il Mistero di Dio in qualche modo ci raggiunge sempre attraverso suggerimenti e “provocazioni”, attraverso volti e sguardi, attraverso la stessa realtà di ogni giorno.

“Se nella vita non provi la sofferenza, la vita non la capisci e se non la capisci non vivi…”: questa frase mi è venuta all’improvviso in una delle tante mie notti insonni e “pensierose” e ha via via sostituito quella che fino a quel momento aveva accompagnato tutta la mia vita: “La paura della vita mi ha impedito di vivere”. Spero davvero che il sacrificio al quale sono stata chiamata e la sofferenza che ne è derivata possano aiutarmi a comprendere sempre di più il vero significato della vita e di dare alle cose il loro giusto peso…Questo sarà il mio impegno e lo devo soprattutto a mio marito che di tante cose aveva già compreso il senso…

A conclusione di questa mia testimonianza riporto un passo di Don Luigi Giussani, che in poche parole dona un senso a tutto quello che ho vissuto in un anno: «Il sacrificio sembra morte – mortificazione – ed è il principio della vita, il principio della vita vera, quella che vince il tempo e lo spazio, la vita che non cede alla menzogna. Infatti non c’è nessuna esperienza di sacrificio che non faccia diventare migliori, se accettata: <E’, se cambia>. Per capire queste cose bisogna che uno sia graziato, occorre che Dio l’aiuti. Dio, soltanto Dio, può far capire l’essere com’è, e il sacrificio è la condizione fondamentale dell’essere nel tempo e nello spazio» (L. Giussani, Si può vivere così, p. 399).


Un'amica.


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