di Michele Lombardi e Maria Chiara Grana
Uno allora in ogni istante, bello o brutto, felice o drammatico, si trova dinanzi a una scelta: giudicare la realtà, cercarne il senso, o soccombere dinanzi ad essa, perdendo la ragione, o peggio, diventando cinici. Al di là dei sogni è un film del 1998 ispirato all'omonimo libro di Richard Matheson. La trama, densa di filosofie new age, ha come obiettivo cercare delle risposte all'interrogativo più incombente nella vita dell'uomo: la morte.
La protagonista è infatti colpita, nel giro di pochi anni, dal lutto dei figli, prima, e da quello del marito, poi. Dopo la morte dei figli e una breve parentesi nell'ospedale psichiatrico la moglie sembra recuperare la sanità mentale e prende a vivere totalmente in funzione del marito, che dopo pochi anni muore coinvolto in un incidente stradale. La moglie impietrita dall'accaduto cerca, sulle prime, di reagire buttandosi a capofitto nella sua passione più grande: l’arte. Ma alla lunga, senza nessuna speranza a sostenerla, decide di togliersi la vita.
Il film contiene delle chiare allusioni al mondo ultraterreno dantesco, quindi cristiano: presenta infatti uno pseudo paradiso e uno pseudo inferno, con la particolarità che non c'è nessun giudizio, nessun giudice a decretare il destino delle anime dopo la morte che dipende totalmente dalla volontà dell'uomo, dai suoi pensieri, dai suoi voleri e desideri che continuano ad essere ancora tipicamente umani.
Per tutto il film ricorre un mantra che lo spettatore avrà imparato a memoria alla fine: “la realtà la costruisci tu, con i tuoi pensieri”. Il realismo, la realtà schiacciante nella sua totalità, è sopraffatta dai pensieri, dalle illusioni e dalle fantasie dei personaggi che sono in balia degli eventi che accadono, a cui non sanno dare un giudizio. La donna dopo la morte dei figli impazzisce, di fronte a un fatto così prepotente si può accettare la realtà giudicandola, cioè dandole un senso Innanzitutto aderendo alla realtà così come essa si presenta e vivendola con una domanda: CHE SI RIVELI IL SENSO CHE È DENTRO, oppure si finisce con il perdere il lume della ragione.
La realtà, se uno è onesto e leale con se stesso, riesce ad ammettere che non la fa con i suoi pensieri, che può provare a cambiarla in ogni modo, ma di fatto, ci viene data. Uno allora in ogni istante, bello o brutto, felice o drammatico, si trova dinanzi a una scelta: giudicare la realtà, cercarne il senso, o soccombere dinanzi ad essa, perdendo la ragione, o peggio, diventando cinici.
Lo spettatore va via con una morale: “io, anzi, il mio pensiero è più forte della realtà. Posso cambiare il mondo, anzi, il paradiso.” Anche se il film sembra avere un lieto fine, in realtà ha in sé una mancanza: c’è una mancanza tipica di chi si affida al solo pensiero, di chi rifiuta l’oggettività della realtà per anteporre i propri schemi rispetto all'osservazione intera, appassionata e insistente della realtà.
La cosa più tragica però di tutto il film è che la risposta che cerca di dare non porta in sé nessuna speranza, in questa visione dell’aldilà sono i nostri sogni più belli ad aspettarci dopo la morte, ma si è alla fine come delle monadi che stanno bene nel proprio mondo con una desolazione nel cuore. La speranza che i protagonisti non hanno è quella di un compimento già avvenuto per loro e per i loro cari, di una vita eterna salvata, perché compiuta nell'evento della Resurrezione di Cristo
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